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VIVA IL CALCIO DI STRADA

VIVA IL CALCIO DI STRADA

Se sul vostro capo proliferano i capelli bianchi e avete ginocchia che cominciano a scricchiolare, allora vuol dire che avete ormai una certa età. E quindi potete ricordare di quando il calcio si giocava per strada. Quando si palleggiava tra le macchine e i portoni. Quando si prendevano due pietre per descrivere i pali di una porta. Quando si lavorava di astuzia, giocando con la carambola del muro. Quando si litigava per ore per determinare se un fallo fosse rigore.

Ora, in Germania, dopo un mondiale e un europeo fallimentare (almeno al mondiale loro ci vanno), si è deciso di riformare il calcio dei più piccoli.

Partite 2 contro 2 o 3 contro 3, miniporte e autoarbitraggi. Tutto nel tentativo di riprodurre le caratteristiche del calcio di strada. In modo da mettere al centro del percorso formativo la tecnica. Lasciando la tattica al calcio dei grandi.

L’intento è quello di lasciare spazio alla fantasia. E allo sviluppo di doti basilari come il controllo di palla.  Non più bravi soldatini ma calciatori creativi. E bambini che si divertono giocando. Perché pensare agli ordini dettati da un ruolo uccide il piacere del gioco.

Quindi non più allenatori impegnati a sistemare in campi di adulti piccoli pulcini. Ma lo svago che nasce da un dribbling, da una finta, da uno scambio veloce. E non ordini tattici eseguiti come si fosse in una piccola caserma.

Perché il calcio di strada educava alla furbizia. Al dover prendere decisioni in pochi centesimi di secondo. All’intelligenza creativa.

Come quando compresso tra un muro e una macchina parcheggiata dovevi trovare il modo di fare arrivare la palla all’amico. Pressato da tre uomini. E allora inventavi il cucchiaio a “scherzare” l’avversario.

O come quando si giocava a “portieri volanti” e tiravi dalla difesa perché la porta rimaneva incustodita.

Nella mia esperienza di “calciatore di strada” ho visto bambini con una tecnica quasi innata. Che facevano scivolare il pallone tra due piedi come fosse il più naturale dei movimenti. Che erano talmente coordinati da usare il corpo per fintare e scattare. Che sembravano avere il pallone come una propaggine del proprio piede tanto gli era incollato.

Si spera che si ritorni a pensare al piacere di giocare a pallone. Come in quegli infiniti pomeriggi d’estate in strada.

Così magari un giorno potremo anche dimenticarci di quelle noiosissime azioni in cui dalla bandierina del calcio d’angolo si ritorna al portiere, senza puntare mai l’avversario.