Vai al contenuto

URSS 1988 LA MACCHINA PERFETTA DEL COLONNELLO LOBANOVSKI

URSS 1988 LA MACCHINA PERFETTA DEL COLONNELLO LOBANOVSKI

Era il 1988. E un mondo stava per crollare. Giusto un anno dopo. L’Unione Sovietica e i  suoi governi satellite. Un impero si stava sciogliendo come fa la neve in montagna al comparire della primavera. Ma ancor più stava morendo un’idelogia.

Così quell’Europeo di Germania fu la recita finale di un sistema. Una squadra dai movimenti perfetti. In cui ognuno rappresentavo un ingranaggio. Per comporre una macchina perfetta.

Una macchina in cui non emergesse un singolo. Ma in cui ognuno sacrificasse la propria individualità al servizio della squadra.  Quasi metafora di una politica che voleva esaltare l’idea di uguaglianza e comunitarismo. E mostrare al mondo una rappresentazione di efficienza.

Squadra dai giocatori intercambiabili. In cui i calciatori ricoprivano più ruoli. Nell’idea che gli atleti debbano essere universali. Che produceva talvolta uno sciamare impazzito per il campo. Senza ruoli ben definiti.La versione comunista del calcio totale.

Eppure con individualità dal talento cristallino. Belanov, Dasaev, Protassov, Zavarov, Mikhailichenko. Guidati dall’inflessibile Lobanovski. Uno scienziato applicato al pallone. Che studiava il calcio come si studia un fenomeno naturale. Cercando di riprodurre meccanismi perfetti.

In quell’Europeo l’Urss arrivò in finale. Battendo in semifinale la giovane Italia di Vicini. Ma quell’esempio di efficienza e attitudine dovette fermarsi davanti alla grazia e l’eleganza di un cigno olandese. Marco Van basten e quella traiettoria impossibile. Geniale prima nel pensarla e poi nel realizzarla.

Così la macchina perfetta si ruppe davanti al talento. Così come qualche anno dopo si sfaldò un impero. Quello della Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.