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STADIO COMUNALE DI TORINO

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STADIO COMUNALE DI TORINO

Venivano da lontano. Stipati nei Rapidi che giungevano dal Sud. Con valigie pesanti e malconce. E cercavano di ricreare il loro piccolo borgo nelle case a ballatoio. Dando forma ad una città che cresceva. Si ingrandiva e cambiava aspetto. L’austera Torino che man mano perdeva la sua alterigia. Per diventare meticcia. Per accogliere tradizioni e culture lontane.

E quella fabbrica che era il centro di quel mondo. Che era la vita e la famiglia. Il lavoro e il tempo libero.  E che dava l’impronta a tutto. Sviluppando senso di appartenenza o di rifiuto. Alla stregua di una madre che ti nutre. E da cui ci si allontana talvolta.

E in questo mondo, la domenica, lo stadio prendeva il posto della fabbrica. Il dopolavoro dell’operaio. In quel catino che sentiva anche un po’ suo. Diretta emanazione del padrone del vapore. Che organizzava anche lo svago del dipendente. A consacrare un’appartenenza. Un modo per legarsi a quel mondo. A quella città. In principio così aliena.

Così lo stadio si tingeva di bianconero. Creando una tifoseria in cui i nuovi torinesi si mischiavano a chi sotto quei portici era nato. E che guardava alla Juventus come simbolo dell’aristocrazia industriale. Come prodotto naturale di quell’operosità discreta che fa unico il piemontese. E invece, la domenica dopo, lo stadio si colorava di granata. Di chi accampava il pedigree di torinesità. Che rappresentava con orgoglio l’altra parte della città. E che guardava con fierezza alla sua storia. Così crudelmente ferita dalla sorte. Tanto da rammemorarlo ogni anno in un pellegrinaggio. In un rito ormai sacro. Lì sulla collina di Superga.

E ci si scontrava in derby focosi. Così lontani dalla pacatezza di quella gente. Il cuore granata contro l’eleganza bianconera. L’industria contro la borghesia. Due caratteri così distanti da creare una rivalità. Quasi due idee di vita a confronto.  Due mondi così vicini e pure così lontani.

Adesso Il vecchio Comunale si chiama “Olimpico Grande Torino”. A ricordare la bella olimpiade piemontese. Ci gioca solo il Torino. La Juventus ha una nuova casa. Tutta sua. Distante dal centro nevralgico della città.

Lontano da quei tempi in cui la fabbrica e lo stadio erano l’anima della nuova Torino.