L’ultima spiaggia. La casa della disperazione. La scelta estrema.
Quando l’attaccante ti supera e tu, provato nell’orgoglio, continui ad inseguirlo. Come fa un cacciatore con la sua preda. E poi vedi che si allunga la palla e allora prendi la decisione. Ti lanci a corpo morto sul terreno, in modo che la velocità ti faccia scorrere sul prato. E quando raggiungi la palla, col piede di riporto calci il pallone. Con l’attaccante, sorpreso, che non riesce a capire cosa sia successo. Mentre capitombola goffo sul terreno.
Oppure a giocare d’anticipo. Sull’attaccante che pensa che arriverà per primo. Senza valutare che sei fatto di marmo tu. E i contraccolpi del terreno e gli ematomi non sono che medaglie al valore. Così ti lanci a spezzare i sogni del goleador. Anche con la gamba tesa talvolta. Perché ti hanno sempre insegnato che la palla non deve passare.
E quando ti sollevi dal terreno, le macchie sulla maglietta ti riempiono di fierezza. La prova che hai fatto quello per cui sei nato. Quello che ti hanno sempre insegnato. Difendere.
La scivolata è il marchio del difensore. L’impronta della sua rudezza. Uomo o pallone. Senza compromessi.
Per chi pratica l’arte del difendere come fosse una filosofia di vita.