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IL VERONA DELLO SCUDETTO 1984-85

IL VERONA DELLO SCUDETTO 1984-85

Anno di grazia 1984. La serie A è La Mecca del calcio. I migliori arrivano tutti qui. Arriva Maradona, Rummenigge, Socrates. IL campionato più bello del mondo lo chiamano.

E in mezzo a tanta opulenza c’è una squadra che agisce nel buio. Che lontana dai fasti delle grandi prepara una stagione imprevedibile. Con la prudenza di un ragioniere e la sagacia di uno stratega.

Il Verona. Squadra operaia. Votata al sacrificio e alla cooperazione. Dove ogni tassello si incastra alla perfezione. Dove ogni ruolo è ricoperto con intelligenza. In modo da creare una combinazione invidiabile tra forza fisica, talento ed esperienza.

Con l’eleganza di Tricella in difesa, la potenza di Briegel, la durezza di Ferroni, le geometrie di Di Gennaro, la fantasia di Fanna, il lungo corso di Volpati. E poi in porta l’istintivo Garella. E un attacco che somma la forza volitiva del nuovo arrivo Elkjaer alla furbizia di Galderisi.

Una sorta di declinazione perfetta della provincia.  Operosa e risoluta. Dove il lavoro conta più dei soldi e del talento. Dove la moderazione rimane un valore da rivendicare.

Per questo guidata da un allenatore che della modestia fa virtù. Quasi nascondendosi dietro la squadra. E nel frattempo costruendo un meccanismo perfetto. Schierando i giocatori secondo l’attitudine e l’impegno. Senza voli pindarici. Senza sofismi. Dando vita così ad una compagine pratica ma dal gioco brioso. Che sa chiudersi ma anche tener palla. Che, camaleontica, cambia a seconda dell’avversario e dei momenti.

Parte a fari spenti quel Verona. Senza i favori dei pronostici. Neanche menzionata nelle pagelle estive delle papabili. Come può una squadra di provincia vincere lo scudetto?

E invece la piccola squadra di provincia comincia a macinare vittorie. A mostrare il petto in fuori al cospetto delle grandi. Nella certezza dei critici che immaginano una caduta fragorosa dopo la sbornia del girone d’andata. E invece il Verona continua nella cavalcata. Nell’incredulità generale.

Fino a quel 12 maggio 1985. Pareggio con l’Atalanta e scudetto. Il più inaspettato degli scudetti.

E per una volta la provincia operaia trionfa. Sui soldi, sul potere, sulla tradizione. Dando vita alla più grande sorpresa della storia della Serie A

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