Vai al contenuto

IL SUBBUTEO

IL SUBBUTEO

Quando entravi nella mia stanzetta, te lo ritrovavi al centro della camera. Poggiato su una tavola di compensato. Me l’aveva fatto mio nonno dopo infinite suppliche. Il subbuteo era il padrone della mia cameretta.

Me l’avevano regalato a Natale. Avevo 10 anni. Mio padre lo comprò perché mi vedeva impegnato ad inventare telecronache con giocatori in miniatura e palline di carta. Aveva capito che mi serviva qualcosa di più strutturato.

Cominciai improvvisando. Giocando da solo. Organizzando campionato, coppa e mondiali.  Con regole tutte mie. Una totale anarchia tattica e normativa. Come me che facevo il commento, imitando il boato del pubblico. Ogni volta che finivo di giocare piegavo il panno (non avevo ancora il tavolo.) Le pieghe lo rendevano però inservibile. Così chiedevo sempre a mia madre di stirarlo.

Arrivato alle scuole medie, conobbi degli amici che ci giocavano. E da lì cominciò il mio apprendistato. Stavolta con le regole corrette.

E, quasi ogni pomeriggio, casa mia diventava uno stadio. Con tornei che partivano dalle 15 e finivano alle 20. Ognuno portava la sua squadra. Io avevo il Brasile. Tutto personalizzato. Con un giocatore nero a cui avevo aggiunto dei baffi perché mi ricordasse Leo Junior. E poi ci avevo messo dietro i numeri. Con il 10 che era il mio preferito. Zico. Il mago delle punizioni.

Col passare del tempo, quella semplice tavola di compensato divenne un vero stadio. Visti i costi delle attrezzature, costruii io personalmente le tribune. All’inglese. Ci misi sopra il pubblico festante con dei modellini creati da me. Poi costruii le panchine, i tabelloni pubblicitari. Ho persino ricreato un impianto di illuminazione con un sistema di lampadine.

Fino a quando ho avuto 18 anni il subbuteo è stata la mia passione. Poi man mano l’ho riposto. Prima nell’armadio. Poi in cantina.

Ogni tanto lo vedo quando vado a recuperare qualcosa. E mi prende la nostalgia.

Di quei pomeriggi infiniti ad organizzare tornei.

https://www.calciograffiti.it/