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IL PRESIDENTE DEL BORGOROSSO FOOTBALL CLUB

IL PRESIDENTE DEL BORGOROSSO FOOTBALL CLUB

Ti capita di ereditare una squadra da tuo padre. Ma a te del calcio non frega nulla. Ma poi cominci ad apprezzare il giocattolo. A scoprire il potere che hai sulla gente. A vaneggiare per il successo. E pensi che si possa fare tutto da soli. Anche guidare tu personalmente la squadra. Fare l’allenatore. Tu che non sapevi neanche cosa fosse un fuorigioco. Diventi il padre-padrone. Ché se le cose non le fai tu, verranno di certo male.

Alberto Sordi, abituato a navigare tra i vizi dell’italiano medio, entra nel mondo del calcio. E lo fa descrivendo un presidente.

Una di quelle figure che al meglio tratteggiano la miopia e la grettezza della classe dirigente. Un personaggio accentratore che ingaggia un allenatore “stregone” e poi lo esonera. Perché nonostante sia un neofita del calcio, pensa di avere le competenze per sostituirlo. Come non esistesse una professionalità.

E poi ingaggia giocatori famosi (Sivori) per imbonirsi la piazza. E organizza ritiri punitivi con annesso lavoro forzato nei campi. Come ad assecondare il luogo comune del lavoro contadino che fortifica.

E, nella partita decisiva, aggredisce l’arbitro e innesca una furiosa invasione di campo.

Tutti i luoghi comuni della pedata nazionale. Tutte le storture di un mondo in cui i vizi italici si amplificano e debordano. E la descrizione di quel rapporto tra il mecenate e il suo popolo. I tifosi con la loro insaziabile voglia di rivalsa sfogata nel pallone. A cercare di riscattare la propria mediocrità. A qualsiasi prezzo, a qualsiasi costo.

Il film descrive un’Italia di provincia gretta. Che trova nel gioco la rappresentazione di se stessa. E una classe “imprenditoriale” più attenta alla voglia populista di accattivarsi le simpatie della piazza che ad una buona gestione.

Un paese dove il denaro e la voglia di apparire creano piccoli presidenti di provincia Calcio Graffiti