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IL MERCOLEDÌ DI COPPA

IL MERCOLEDÌ DI COPPA

Ero in fermento già dalla mattina. Sui banchi di scuola, mentre il professore di Educazione tecnica spiegava, io mi pregustavo la giornata. Il giorno prima mi ero stilato il programma sul mio quadernetto del calcio. Avevo preso “Sorrisi e Canzoni” e mi ero appuntato partite e orari.

Così, quando tornavo da scuola, la giornata era già segnata. Magari nelle pause tra una partita e l’altra potevo accendere il mio Commodore 64 e fare una partita a Microsoccer, quello che aveva anche la pioggia, dove facevi sempre gol da calcio d’angolo.

Così mi chiudevo nella mia stanzetta dove c’era un piccolo Mivar e si partiva dalle 14.30, magari con una provinciale che l’anno prima aveva fatto il botto e si era qualificata per le coppe: tipo Cagliari, Genoa, Atalanta; per poi arrivare la sera con le big e in prima serata di solito la Coppa Campioni.

Mia madre, ogni tanto, faceva capolino ricordandomi i miei doveri da studente ma io fingevo impegno e dedizione allo studio con un libro aperto sulle gambe che faceva bella mostra. Vuoi mettere? Le partite di campionato allora non venivano trasmesse in diretta.

Ci si doveva accontentare del secondo tempo del big match della domenica alle 19.00. Ma che partita è se sai già il risultato?

Mentre il mercoledì si ripeteva il miracolo della visione. Erano scontri diretti, non i gironcini dove hai sempre possibilità di rifarti. Se perdevi, annata fallimentare; se vincevi si continuava a sperare.

La suspense del thriller, la durezza delle scelte di vita. Dentro o fuori, senza sfumature. Squadre di ogni latitudine i cui cognomi finivano in Vic, Son, Ov. Giocatori nuovi che ti potevi vantare di avere scoperto qualche anno dopo o un allenatore innovativo con schemi dai numeri nuovi.

E le telecronache un po’ improvvisate con Pizzul che andava in difficoltà con le squadre finlandesi dall’alfabeto impronunciabile.

Mio padre crede che la geografia io l’abbia imparata a scuola. Io la geografia l’ho imparato dal calcio di coppa: ho conosciuto Bratislava dell’Inter Bratislava, Dresda della Dinamo Dresda e la ignota Malines. Mia madre, preoccupata per il mio avvenire, ogni tanto urlava:”Non basta con tutto questo calcio?”. Ma a me non bastava mai.

D’altronde sempre meglio che studiare. Calcio Graffiti