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IL BENFICA E LA MALEDIZIONE DI BELA GUTTMANN

IL BENFICA E LA MALEDIZIONE DI BELA GUTTMANN

Veniva dall’Ungheria Bela Guttmann. Da quella nazione che ha insegnato calcio a tutti. E da lì ha viaggiato in tutto il mondo. Sia da giocatore che da allenatore. Col suo fare deciso e la sua vorace brama di soldi.

Il classico allenatore giramondo. Arrivando persino in Brasile dove si dice abbia insegnato il più tradizionale dei moduli brasiliani. Il 4-2-4. E poi in Italia nel Milan del Gre-No-Li. E ancora Cipro, Svizzera, Uruguay, Austria. E soprattutto il Portogallo. Sua terra di elezione.

Prima nel Porto e poi nel Benfica. Ed è qui che comincia il suo mito. Con una squadra che fa la storia del piccolo Portogallo. Vincendo due coppe Campioni. Nel 1961 col Barcellona e nel 1962 col Real Madrid dei grandi. Per 5-3. Rimontando uno svantaggio di 3-2. Sfoggiando tra le sue fila la “perla nera”. Quell’Eusebio che terrorizzerà le difese europee.

Ed è a questo punto che la nostra storia si complica. Gongolante per la vittoria nella massima competizione, Bela Guttmann va dai dirigenti per reclamare il premio concordato. A tutta risposta la dirigenza gli chiede conto del terzo posto in campionato. Negando anche l’esistenza di questo premio nel contratto.

“Non avevamo il culo per sederci su due sedie” risponde il magiaro. Animando una diatriba che si chiude con una sonora lettera di licenziamento. A coronare una festa che si trasforma in pasticcio.

Così il mister sbatte la porta lanciando un anatema: “Me ne vado per sempre, ma sappiate che d’ora in avanti il Benfica non vincerà più una coppa internazionale, per almeno 100 anni “.

IL Benfica campione d’Europa accoglie le parole di Guttmann come l’affermazione di un uomo tradito. Nulla più. E invece, da allora, quelle frasi aleggiano tra i vicoli di Lisbona e risuonano chiare ogni volta che le “aquile” giocano una finale internazionale.

Ben 8 finali perse. 5 di Coppa Campioni e 3 Uefa/Europa League. Alcune rocambolesche. Come ci sia qualcosa di insormontabile. Contro cui è impossibile lottare. Qualcosa che assomiglia ad una maledizione.

Tanto che nel 1990 il suo pupillo Eusebio, prima della finale di Coppa Campioni contro il Milan a Vienna, va sulla sua tomba a rendergli onore.  Per liberare così il Benfica dalla fattura. Ma arriva come sempre la sconfitta.

E addirittura il Benfica gli dedica una statua nel suo stadio. Ma tutti i tentativi sono  vani. La maledizione resiste nel tempo.

Mancano solo 42 anni alla fine della iattura. Dopo di ché il Benfica potrà finalmente tornare a vincere un trofeo internazionale.