Vai al contenuto

GIUSEPPE BRUSCOLOTTI

GIUSEPPE BRUSCOLOTTI

Ci sono uomini forgiati nel marmo. Con gli addominali in tensione e i pettorali torniti. Sempre alla ricerca di un avversario da sfidare. Qualcuno che possa saggiare l’asprezza della virilità.

Beppe Bruscolotti era così. Un marcatore come ne esistevano una volta.

Di quelli che prendevano la comanda della marcatura dal mister negli spogliatoi. E da quel momento in poi la vita aveva un solo obiettivo per lui. Annullare l’attaccante.

Fare in modo che non vedesse mai la porta. Che giocasse solo palle sporche. Che sentisse come quel fisico e quel temperamento fossero la sua maledizione.

“Pal’e fierr” lo chiamavano. A significare la sua inattaccabilità. Con quella mascella volitia da uomo temprato. E quegli attaccanti che si scontravano con qualcosa di infrangibile. Con qualcosa contro cui avrebbero sbattuto fisico e convinzione. Portando a casa i lividi.

Fedele nell’attaccamento alla maglia. Per 16 anni ad onorare la causa napoletana. Lì a cercare di portare al titolo una squadra che così in alto non era mai arrivata.

Prima da titolare e poi da capitano. A rappresentare la sua terra. Così ferocemente innamorato del Napoli che fece il più bel gesto che un capitano possa fare. Consegnare la fascia a chi, solo, avrebbe potuto portare il tricolore tra i vicoli della città.

Così passò l’onere a Maradona con la promessa di un titolo che più tardi verrà. Calcio Graffiti

Record: 511 presenze nel Napoli 11 gol