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GARRINCHA

GARRINCHA

Garrincha non corre. Non gioca. Garrincha danza. Su quella fascia destra. La sua casa. Il suo regno. E quando vuole divertirsi sceglie un uomo. Un difensore. E lo punta. “Scherzandolo”.

Fintando così tante volte che non saprai mai quando darà lo scatto fatale. E quando lo avrà saltato, tornerà indietro per saltarlo di nuovo.

Perché Garrincha è l’istinto del ballo. Quella cosa che ti prende quando senti una musica che ti trascina. E senza congetturare cominci a muoverti. Per puro istinto. Così, palla al piede, lui si fa ispirare da un demone che lo guida. Animato solo da una visione goduriosa del gioco.

Irridente molto spesso. Con quella finta che è sempre la stessa. Così ipnotica da narcotizzare gli avversari. Frutto di un difetto fisico. Una gamba più corta dell’altra. Che lo fa caracollare, quasi dandogli lo sprint per l’accelerazione. A trasformare una disabilità in un pregio.

Sul campo come nei campetti di periferia. A cercare di scartare tutti. Come se i compagni non esistessero. Ché prima mi devo divertire io.

Con lui il numero 7 prenderà forma. Diventando il ruolo della fantasia. E nella mente dei brasiliani rappresenterà per sempre l’essenza del calcio. Più dello stesso Pelè. Ad interpretare al meglio quella idea di calcio danzato. Che prima che uno sport è un’arte.

Muore a soli 49 anni. Perché l‘istinto e la follia che lo hanno sempre guidato in campo, lo trascineranno anche nella vita. E se ne va con l’alcol che divora il suo corpo. In stato di assoluta povertà. E allora una nazione intera lo ricorderà.

Ricorderà di quando Garrincha danzava sulla fascia.

Record: 50 presenze nel Brasile 12 gol