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C’ERA UNA VOLTA LA CONTEMPORANEITÀ DELLE PARTITE

C’ERA UNA VOLTA LA CONTEMPORANEITÀ DELLE PARTITE

Domenica, Milan e Inter si giocano il campionato. In differita. In orari diversi. Perché la contemporaneità non esiste più, se non nell’ultima, talvolta inutile, giornata. E quindi può capitare che una squadra si laurei campione senza giocare. Aspettando il risultato dal divano di casa.

Una premessa è doverosa. Non siamo passatisti. Amiamo il racconto legato al calcio. Al calcio del passato. Ma non pensiamo che il passato sia pregiudizialmente migliore. Però la mancanza di contemporaneità delle partite nelle ultime giornate proprio non ci va giù.

Per una questione di giustizia. Perché le squadre sono condizionate dal risultato delle rivali. E chi gioca dopo potrebbe acquisire un vantaggio.

Per una questione commerciale. La contemporaneità crea l’evento. E l’evento crea pubblicità e fa acquisire valore al prodotto. Mentre lo spezzatino nelle ultime giornate depaupera il valore delle partite. Miopia di dirigenti e televisioni che badano al piccolissimo guadagno.

Per una questione emozionale. L’avvicendarsi di forti sentimenti. La speranza alternata alla delusione. La vittoria contrapposta alla sconfitta. L’essenza del calcio e della vita. Tutto in straordinari novanta minuti.

Pensate come sarebbe stato bello se Inter-Empoli e Verona-Milan si fossero giocate insieme. Con l’Inter e il Milan in svantaggio per poi recuperare nei secondi tempi. Sarebbe stata una giornata palpitante. Un otto volante fatto di salite e discese repentine.

A noi non resta che ricordare quando, almeno le ultime partite si giocavano in contemporanea. Ricordando le vecchie sfide. Quella tra Roma e Juventus negli anni 80.  Tra il Milan di Sacchi e il Napoli di Maradona. O il pazzesco finale dello scudetto 2001/2002 con tre squadre a rivaleggiare.

Sperando che, nelle prossime stagioni, almeno le ultime quattro giornate siano giocate nuovamente in contemporanea. Per ridarci le emozioni dei campionati che furono.