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BERGAMO E IL SUO STADIO

BERGAMO E IL SUO STADIO

Popolo laborioso quello bergamasco. Con la fatica nel sangue. E col lavoro come valore. Come cifra della propria esistenza. Ad arricchire una terra che guarda all’Europa gelosa delle sue tradizioni. E di quel dialetto duro, difficile. Lontano dalle cadenze mediterranee. Ma che sgorga dalle viscere. Da una storia che parte dall’infanzia.

E la domenica però è il giorno della partita. Niente sudore sui campi o nelle fabbriche. Si va a vedere l’Atalanta. Ché è un pezzo dell’esistenza di ognuno di quelli che qui hanno i natali. Perché la Dea è parte della vita di ognuno. Tanto da diventare quasi un valore. Da rappresentare quelle radici così difficile da estirpare.

E ci si trova allo stadio. Al centro di un popolo. A guardare a quei colori come parte di un’identità. E quei giocatori si identificano con la città e quel popolo. Che riversa la sua passionalità nel tifo.  Ché non sembra di stare vicino alla Svizzera. Ma pare di stare tra il calore bruciante delle città di mare.

Così come i capannoni delle valli, anche lo stadio si evolve. Cambiando più volte nome e fisionomia. Fino a diventare adesso uno stadio di proprietà e prendere il nome dello sponsor. Come si conviene alla modernità. Coperta la curva lì dove vento e pioggia offendevano i volti. Ma lo spirito rimane identico. Negli anni. Lo stesso popolo. La stessa indole.

Quella indole che porta questa gente a tener duro. A lottare. Anche contro un nemico che non si vede. Che si muove subdolamente. Che approfitta della nostra voglia di stare con gli altri.

Perché questa gente non molla. E sa sempre che dietro l’angolo è nascosto un futuro. Legato sempre ad uno spirito che non muore mai. Calcio Graffiti

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