Si può amare la propria creatura come fosse la propria donna? Sentirla parte di te stesso. Come fosse una tua estensione. Come il braccio che ti aiuta a mangiare o la gamba che ti fa camminare.
E poi coccolarla. Ché da quella cura prende nutrimento e vigore. E circondarla di affetto. Perché con il tuo amore crescerà.
Angelo Moratti era un presidente innamorato. Dei giocatori da cui non voleva staccarsi. Che guardava con occhi sognanti.
Della sua squadra che trattava con passione. La passione che lo portò a numerosi cambi di panchina nei primi anni di presidenza. Perché la sua creatura non prendeva forma. Non traeva le sue sembianze. Lui che voleva fosse plasmata a sua immagine e somiglianza.
Lui che si era fatto da solo. A investire nel petrolio. Ché quello era il futuro. E poi ad assecondare il boom. Con le industrie che producevano e avevano bisogno di energia. E il suo business che si gonfiava sempre di più. Creando un impero che resisterà agli anni. E che verrà ereditato dalla famiglia che ne ricalcherà le orme.
E così acquista nel ’55 l’Inter. Tratto da improvvisa infatuazione. E vuole che quella squadra conquisti l’Europa. Perché il calcio rappresenta una comunità. Che cresce. Ha ambizione. E vuole scalare le cime mai raggiunte. E allora acquista giocatori, dirigenti, allenatori. Con la pervicacia di chi vuole realizzare un’idea. Vuole che la realtà si adegui a quell’idea.