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ADRIANO PANATTA

ADRIANO PANATTA

Quando la pallina stava per scavalcarlo sulla sua sinistra, Adriano Panatta si librava leggero in aria. Così, in atto regale, distendeva il braccio e infine con un colpo di polso sferzava la palla con decisione. Come a descrivere una figura plastica. L’eleganza che si tramutava improvvisa in forza. La versione cortese della schiacciata. Descrivendo un colpo che diverrà la sua firma. Una volée alta di rovescio che diventava definitiva a dispetto della fisica. La veronica di Panatta.

Perché Panatta si muoveva leggero. Sulla terra rossa. Quasi sollevato da terra. Per poi raggiungere la palla scivolando. Come se l’attrito del terreno non lo toccasse. Senza mostrare fatica. Quasi pattinando.  Come se stesse esercitando la sua natura.

E la pallina sembrava uscire soddisfatta dalle sue corde. Con quel rumore pieno e melodioso che sembra dire POF, quando colpisci la palla al centro in modo piatto. Non quella sgraziata rotazione dal rumore stridulo. Ché la pallina sembra chiedere venia per il troppo roteare. E poi quando delicato la toccava, così che si adagiava placida sul piatto corde. Come fosse la carezza ad un bambino.

E in tutto questo Panatta descriveva un nuovo modo di vivere lo sport. Con il suo look. I capelli lunghi. La vita mondana. Così lontano dall’iperprofessionismo attuale. Come se la ricerca estetica, che perseguiva in campo, travalicasse gli angusti confini dello sport per esondare nella vita.

Portando così il tennis fuori dai circoli. Con stuoli di ragazzini che imitavano il campione, nel look e nel gioco. O ragazzine in visibilio , quando prima di una battuta, si sistemava il ciuffo ribelle. Alla pari di una rockstar. Facendo diventare così, quello che era considerato uno sport d’élite, uno sport popolare.

Così come popolari erano le sue origini. Figlio di Ascenzio, custode del Tennis Club Parioli. Il tennis l’aveva masticato fin da piccolo ma non per le agiate origini. Così che i campi in terra battuta diventarono la sua casa. Qualcosa di così famigliare da essere il suo futuro. Un tennis che veniva dal basso. Così da portare nello ”sport del diavolo” una ventata di freschezza che lo allontanava dall’esclusività dei circoli.

È stata un’icona Adriano Panatta. Nella vita e nello sport. Descrivendo una parabola fatta di eleganza e debordante personalità. Con un tennis che era una sintesi perfetta tra il tocco e la determinazione.